La prima industrializzazione

Agli inizi del '900 nella città sorgono le prime idustrie

E' utile conoscere e affrontare il periodo storico ed economico che vide il sorgere delle prime industrie a Verona in quanto "l'officina delle strade ferrate", così era denominta la nostra officina alla fine della dominazione austriaca, faceva parte integrante del contesto economico e industriale di quel periodo, sicuramente critico e difficile per la popolazione veronese, ed era uno dei più grandi stabilimenti cittadini.
L’unificazione del Regno d’Italia aveva trovato la privincia e la città di Verona, a differenza dei territori lombardi, liguri e piemontesi, molto arretrata dal punto di vista industriale per i ritardi accumulati durante la dominazione austriaca. L’amministrazione asburgica non era riuscita a colmare il gap economico che Verona e le terre venete avevano avuto sino al 1859 con le più ricche province lombarde.
L'economia della provincia era infatti ancora basata principalmente sull'agricoltura e le poche industrie presenti erano per lo più dedicate a soddisfare i ristretti fabbisogni locali.

La politica monetaria e i forti dazi imposti dall'Impero Asburgico sull'ingresso delle materie prime avevano penalizzato fortemente i commerci e depresso l'economia locale a tal punto da far chiudere alcune aziende che si erano formate nel primo periodo di dominazione austriaca.
Non solo, ma l’unione all’Italia ebbe come conseguenza immediata la caduta completa di ciò che rimaneva del traffico commerciale con l’impero austroungarico, non compensata adegautamente da nuove forme di commercio con il nascente stato italiano e l’agricoltura, unica forma di economia presente in provincia, non fu più in grado di risollevarsi.
In questo quadro di economia depressa non si salva certamente la città; data la forte presenza di uomini e mezzi sul territorio da parte dell’Impero austriaco, l’annessione all’Italia e il conseguente abbandono del contingente asburgico determinò per Verona una profonda crisi economica. I problemi maggiori arrivarono dalla forte disoccupazione della manodopera allora impiegata per la costruzione di strutture militari, oltre a quella della popolazione addetta ai servizi di ricezione dei militari che stanzionavano in città, corrispondenti a circa il 14% della popolazione residente.

In pratica l'unica attività industriale degna di questo nome che gli austriaci lasciarono in eredità e che in quell'epoca impiegava più personale era l'officina ferroviaria di Porta Vescovo, che arrivava a dare lavoro a circa 300 operai.
L'Officina Locomotive di Porta Vescovo, all'epoca unico grande complesso industriale della città, nasce nel 1847 su progetto dell'Ing. Luigi Negrelli per le esigenze della linea ferroviaria Verona-Venezia, che in qel periodo si stava completando.
Solo successivamente, nel 1857, dopo la costruzione del ponte sull'Adige e della nuova stazione di Porta Nuova, che collegava la città con Milano, fu completato il collegamento tra le due stazioni.

Altro sporadico esempio era rappresentato dal cotonificio Turati di Montorio che disponeva di una forza idraulica di circa 127 cavalli e una manodopera che superava i 200 operai. Ma a parte questi esempi i 4/5 della popolazione vivevano direttamente o indirettamente di agricoltura e di piccolo artigianato.
All'epoca gli unici opifici cittadini, perlopiù piccole concerie e falegnamerie, erano concentrate nella zona dell'Isolo dove potevano sfruttare la forza motrice delle acque dell'Adige. Ma vista la loro dimensione e la loro arretratezza tecnologica non si poteva certamente parlare di vere e proprie industrie.
La situazione già precaria venne ulteriormente aggravata dalla tragica piena dell’Adige del 1882; per invertire questo quadro economico decisamente critico l’allora sindaco Giulio Camuzzoni promosse la costruzione di un canale artificiale che attraversasse il territorio cittadino fino alla campagna a sud.
La Giunta Municipale era fortemente intenzionata ad appoggiare, anche mediante sussidi finanziari, ogni iniziativa per creare le condizioni di un possibile sviluppo economico ed industriale.
Tuttavia la scelta di costruire un canale per sfruttare l'energia idraulica a scopi industriali non fu priva di ostacoli e difficoltà; erano presenti infatti sia all'interno che all'esterno dello schieramento industriale alcune forze politiche, seppur minoritarie, contrarie alla sua realizzazione.

In tali forze predominavano i grandi agrari, proprietari di estese aree agricole, che temevano di perdere il loro predominio socio economico con l'affermarsi dell' industria in città.
E questo timore di snaturare l'economia locale, ancora saldamente ancorata alla sua tradizionale impronta agraria, verso nuove forme di capitalismo, la paura di un "inurbamento selvaggio" di masse di operai provenienti da altre città con possibili problematiche di ordine pubblico e scioperi, provocarono ritardi nella realizzazione del canale, il cui progetto fu affidato all'Ing. Carli nel 1872, ma vide il termine dei lavori e la messa a disposizione alle industrie per la nuova zona industriale del Basso Acquar solo nel 1887.
Nei sedici anni nei quali Camuzzoni fu sindaco (1867-1883) Verona subì una importante trasformazione in tutti i campi; non solo il canale industriale, ma il potenziamento delle scuole e i grandi lavori per la realizzazione dei muraglioni e il consolidamento degli argini nell'ansa del fiume.

Solo però a partire dai primi anni del Novecento, Verona ha posto le fondamenta che avrebbero reso possibile il mutamento del proprio assetto economico, scardinando tutta una serie di vincoli militari, economici e politico sociali che l’avevano relegata ad una vocazione quasi esclusivamente agricola.
Trascorso un ventennio dalla realizzazione del canale industriale, la città si rese protagonista di un’espansione manifatturiera. Stando ai dati del censimento del 1911 Verona si collocava dopo Vicenza e Venezia quale centro industriale veneto.
Nell’arco di una decina d’anni nelle zone del Basso Acquar, della stazione Porta Nuova e Porta Vescovo sorsero interi quartieri industriali destinati ad ospitare fabbriche tessili e officine utilizzanti l’energia elettrica fornita dal Canale: nel 1886 l’ingegnere Bruto Poggiani impiantò uno stabilimento per la produzione di concimi artificiali, ricorrendo alle moderne tecniche produttive e di organizzazione del lavoro.
Sempre fra il 1886 e il 1887 ha visto la luce la Centrale per il primo acquedotto di Verona e la Fabbrica del Ghiaccio Artificiale; nel 1888 Giuseppe Antonio Fedrigoni fondò le omonime cartiere; nel 1890 fecero la loro comparsa i nomi storici dell’industria tessile veronese, i cotonifici Crespi, Turati, Festi Rasini, il Cotonificio Veneziano, il lanificio Tiberghien ed inoltre la Manifattura Tabacchi e le Officine Galtarossa.

Nel 1893 Domenico Consolaro, appartenente ad una vecchia famiglia di molitori veronesi con impianti ancorati tra riva San Lorenzo e Castelvecchio, intuendo il tramonto del metodo produttivo tradizionale legato alle rotatorie a macina installò un mulino a cilindri mosso dall’energia elettrica fornita dal canale, divenendo così il massimo produttore cittadino; nel 1894 Albano Franchini esponente di una famiglia con diverse attività in città, fondò l’omonimo Cartonificio.
Dello stesso anno erano la Trafilerie per punte di Parigi e la Fabbrica di Mobili Falceri; mentre l’anno successivo venne fondata l’Officina elettrica Comunale .



Fonti bibliografiche:
Wikipedia - L'enciclopedia libera
Elisa Dalla Rosa - Università di Verona, Dip. di Economia - Il cartonificio veronese: un caso di malversazione negli anni Venti.
Anna Pisani - Tesi per il Corso di Laurea Specialistica in Architettura presso il Politecnico di Milano - I Magazzini Generali di Verona tra storia e progetto

Letture consigliate:
Ass. dei Cons. Comunali Emeriti del Comune di Verona; Giulio Camuzzoni-Sindaco di Verona e protagonista della modernità (Biblioteca Civica)